lunedì 3 ottobre 2011

Serie A dopo 5 giornate: analisi in pillole

Atalanta: la ricetta della formazione orobica si chiama rabbia. La rabbia per una penalizzazione che poteva compromettere una stagione che è seriamente incominciata con il segno positivo nella classifica. Le grandi motivazioni, assieme a un Cigarini ritrovato e a un Denis esplosivo sottoporta possono fare la differenza.

Bologna: c'è chiaramente qualcosa che non va. La compagine di Bisoli è una ruota che non gira, Diamanti, il leader tecnico, illumina davvero poco, Di Vaio ha le polveri bagnate e Ramirez è ormai un caso nazionale. Con queste premesse la salvezza può apparire una chimera. Urgono provvedimenti immediati

Cagliari: una partenza in stile 1969/1970 e la solita campagna acquisti intelligente. Da ormai tre stagioni i sardi non si ritrovano costretti al patema d'animo per la salvezza. I timori legati all'esonero di Donadoni durante l'estate son stati dissipati da un Ficcadenti che assieme al bel gioco porta i risultati. Chapeau.

Cesena: Mutu, Candreva, Martinez, Eder, Comotto, la conferma di Parolo, in sostanza un mercato per restare tra le grandi. Giocando così però la vedo dura. Rispetto all'anno scorso manca la qualità di gioco e, soprattutto, la grande determinazione mostrata l'anno scorso dalla compagine romagnola. Un punto in 5 partite è davvero troppo poco.

Chievo: l'obiettivo è sempre quello da anni, cosiccome è da anni uguale la politica societaria, basata sul puntellamento di una rosa che ormai è una costante in Serie A. Se i mussi mantengono il cinismo calcistico delle sfide contro Napoli e Genoa, continueranno sicuramente a volare.

Fiorentina: il rientro di Jovetic ha consentito a Mihajlovic di poter finalmente mettere in mostra le sue idee calcistiche. Il gioco espresso è di qualità, il talento individuale c'è e come, cosiccome il potenziale di una squadra che, in attesa di ritrovare Gilardino, puo riaffacciarsi nei piani alti della classifica dopo due stagioni altalenanti.

Genoa: il bello e il cattivo tempo. Alterna ottime partite a prestazioni scialbe e mediocri. Non sempre Palacio, che mantiene finora le promesse di inizio carriera, può salvare una baracca che paga l'assenza di una punta da 15 gol all'anno che non risponde ne al nome di Caracciolo ne a quello di Pratto.

Inter: il cambio d'allenatore ha giovato a un ambiente che in Gasperini riconosceva il nulla chimico. Ma Ranieri non può fare miracoli e, Rocchi o non Rocchi, comunque c'è ancora tantissimo lavoro da fare per il recupero di una squadra che del triplete conserva solo il ricordo.

Juventus: nella Torino bianconera si può tornare a gioire. Antonio Conte, amatissimo e mai dimenticato dalla tifoseria, non ha portato con se soltanto il parrucchino(o il tricologo che gli ha trapiantato i capelli, sinceramente non so), ma ha portato il bel gioco e soprattutto la grinta, che la Juve aveva perso da ormai due stagioni. Una squadra che ha trovato in Pirlo il suo faro e nel pressing la sua vocazione. Per parlare di traguardi forse è presto, ma a sognare si può incominciare da adesso.

Lazio: grandi progetti, grandi firme, grandissimi nomi e un gioco da ritrovare. L'ambiente è fumantino, come testimoniano i disagi esternati da Reja in queste settimane. Ma la qualità della rosa biancoceleste è indiscutibile, se trovano continuità di gioco, possono dire la loro.

Lecce: la squadra in assoluto più brutta da vedere. Non ha gioco, non ha brillantezza, non ha carattere ed ha una rosa che sulla carta è inferiore a quasi tutte le squadre di Serie A. Di Francesco, che tanto bene aveva fatto al Pescara, è chiamato a ridare linfa e motivazioni a una squadra che rischia seriamente di retrocedere.

Milan: a Milano piangono tutti. La differenza con l'Inter è data da un punto in più in classifica ma i problemi sono tanti. L'Ibracentrismo in primis, se sei una grande squadra non te lo puoi permettere, una prima punta di scorta seriva e come. Inoltre il centrocampo sembra imballato e gli innesti di Aquilani e Nocerino non son sembrati sufficienti a risolverne i problemi. C'è uno scudetto da confermare, questo non è il passo giusto.

Napoli: si torna a sognare nella patria di San Gennaro. La squadra c'è, gioca davvero bene e si appresta a diventare grande, lisci di Fideleff permettendo. Certo la stagione è lunga e impegnativa, ma i mezzi per giocarsi le posizioni di vertice ci sono e la carica della città può essere una molla in più.

Novara: quando li vedo giocare ho l'impressione che quella favola, cominciata due anni fa con quella trasferta a San Siro sognando il colpaccio al Milan, non sia ancora finita, e che anzi stia continuando. Tesser si dimostra un coraggiosissimo condottiero di una squadra che è partita dalla Lega Pro e che sull'onda del grande entusiasmo si è trovata in A, per restarci.

Palermo: squadra in smobilitazione, eliminazione dall'Europa, ennesimo esonero. Le premesse per uno sfacelo ci son tutte. E poi arriva Mangia, tecnico giovane e sconosciuto ai più. Sembrava una barzelletta, ora non ride più nessuno, a parte i Palermitani, che gongolano felici. L'allenatore lombardo ha dato alla squadra delle idee tattiche precise, ma soprattutto una compattezza e un carattere che nemmeno l'amatissimo Delio Rossi era riuscito a dare. Se l'appetito vien Mangiando...

Parma: nel segno della Formica. Giovinco si rivela sempre più leader. La statura non è proporzionale al talento immenso del giocatore scuola Juve, in grado di risolvere le partite, in attesa di trovare altri due fattori: la continuità e Sergio Floccari...

Roma: mistero buffo. Bratislava, Cagliari, l'impressione che Luis Enrique fosse il fiasco catalano, il cugino scemo di Guardiola, e chi più ne ha più ne metta. Adesso sono arrivate due vittorie, al termine di due buone partite. Il potenziale c'è, se poi arriva a esserci anche il gioco...

Siena: gli ingredienti per una salvezza tranquilla sembrano esserci tutti. Ottimi giocatori, un'allenatore emergente che ha un grande carattere, la voglia di fare e la personalità. L'inizio è stato altalenante, si può e si deve migliorare.

Udinese: cessioni eccellenti, eliminazione dalla Champions League, campagna acquisti deficitaria(all'apparenza) e primo posto in classifica. Guidolin prova a ripetere i fasti dell'anno scorso, nel segno di Di Natale e del calcio ritmato e veloce che l'anno scorso ha fatto sognare il Friuli, che, a giudicare dalle prestazioni dei bianconeri, di svegliarsi proprio non ne vuole sapere.

giovedì 22 settembre 2011

L'Inter e le mirabolanti meraviglie di inizio stagione-Ora come la mettiamo?

In principio fu l'addio di Mourinho a turbare l'ambiente più vincente d'Italia e in quel momento anche d'Europa. Il suo rimpiazzo Rafa Benitez, non dimostrò mai una personalità particolare per emergere in quel gruppo, ma pagò anche le guallasciate scelte sul mercato della società campione di tutto. Via Quaresma, brocco si ma che per il gioco di Benitez poteva avere una sua possibilità, Balotelli, Arnautovic e dentro gli sbarbati e imberbi Coutinho e Biabiany, non il massimo della vita. Via Benitez, dentro Leonardo e i primi colpi dell'anno: Pazzini, Kharja e Ranocchia, utili a salvare il salvabile in una stagione difficile. In estate Leonardo, considerato in buona parte il responsabile del naufragio Schalke 04, realizza che lui l'allenatore non lo vuole fare, ma che vuole fare il dirigente, come lo era al Milan, e come dargli torto, è poliglotta, ha occhio ed è bravissimo nei rapporti umani. Così alla dirigenza tocca scegliere un'altro allenatore. Villas Boas? No grazie aspetto il Chelsea. Hiddink? Anche volendo non posso. Mihajlovic? Vorrei ma non posso. Capello? Potrei ma non voglio. A questo punto restano poche soluzioni, e si opta per Gasperini, il tecnico che ha portato il Genoa a qualche gol dalla Champions League. Ovviamente lui, reduce da un esonero, accetta, è una bella occasione. L'integralista della difesa a tre ha le idee chiare. Vuole giocare con lo stesso modulo che lo ha fatto grande al Genoa, il 3-4-3 e Sneijder, il giocatore più talentuoso dell'Inter diventa di difficile collocazione/ datelo a chi volete. Dopo una sconfitta in Supercoppa Italiana, dove pure l'Inter aveva espresso un buon gioco e aveva controllato la partita nella prima frazione, arriva la cessione importante. Ma ad andarsene e Eto'o, giocatore che avrebbe avuto assieme a Milito il ruolo di scardinadifese e il compito di segnare gol pesanti. Troppo pesanti i dollari dell'Anzhi, per far rifiutare Inter e bomber. Poco male, serve un'attaccante esterno. Ma agli arrivi di Jonathan, del misterioso per collocazione tattica Alvarez, del nuovo Henry orange Castaignos e ai vari rientri in prestito si aggiungono Forlan, che oltre ad essere più vecchio di Eto'o è una punta centrale, Poli per rimpinguare il centrocampo, e soprattutto Mauro Zarate, punta centrale anch'esso con tendenze microscopiche all'individualismo. Non il massimo della vita, lo capisco. Gasperini parte malissimo contro il Palermo, combinato probabilmente peggio dell'Inter a livello di plus-minus tecnico, che gliene rifila quattro in casa, al termine di un match che ha visto Sneijder e Pazzini in panchina dall'inizio con quest'ultimo che ci è rimasto per tutta la partita, una difesa a 3 inguardabile al limite dell'osceno, nonchè un modulo indecifrabile dal 75' in poi. Vabbè partire male in campionato può capitare. Adesso è il momento del Trabzonspor, squadra turca ripescata a poche ore dal sorteggio Champions. L'Inter schierata a quattro in difesa, gioca costruisce e alla fine perde e va a segnare Celutska, semi-sconosciuto terzino destro ex, manco a dirlo, del Palermo. Vabbè un'inizio difficile,  può succedere. dai. Imperativo riscatto con la Roma, si torna a 3, Sneijder titolare come metodista e non come ala sinistra. Lo 0-0 più brutto della storia dell'Inter, che manovra male e finalizza peggio, contro una squadra che viveva un momento simile ma che almeno ci ha provato. Moratti è spazientito, Pazzini, suo pupillo presidenziale, sta in panchina, la squadra e inguardabile e per Gasperson arriva l'ultima chiamata col Novara, cenerentola neopromossa che due anni fa stava in Lega Pro Prima Divisione. Dopo pochi minuti non si capisce chi sia il Novara e chi sia l'Inter, visto che i padroni di casa del Novara controllano il campo a loro piacimento, mentre l'Inter sembra giocare a torello nella metà campo difensiva con l'arbitro in mezzo. Meggiorini, che con l'Inter, sua "alma mater" si esalta sempre, segna il vantaggio con tutta la libertà del mondo. Rigoni, uno dei tanti nuovi Del Piero non diventati tali, chiude i conti su rigore. Arriva una reazione timida in inferiorità numerica con gol di Cambiasso e poi....ennesima tavanata galattica della stagione, ancora Rigoni...Ciao Gasp. L'allenatore più odiato(e ci ha messo davvero pochissimo tempo, nemmeno Hodgson) viene esonerato a furor di popolo. C'è chi vorrebbe Rossi, chi Hiddink, chi vorrebbe una soluzione interna in attesa di Guardiola e chi reclama di nuovo Mourinho. Appunto Mourinho. E indovinate chi arriva? Claudio Ranieri, l'allenatore col pedigree migliore probabilmente, ma quello più odiato dallo Special One, che negli anni così lo ha definito: Nonno, perdente, ignorante(in 5 anni di Inghilterra sapeva solo dire Good Morning, Good Afternoon), invidioso, rosicone, ecc ecc. Personalmente ritengo che non si potesse fare scelta migliore. Avrei preferito, da tifoso, Delio Rossi o Hiddink, ma Ranieri mi sta più che bene. Domanda: in uno spogliatoio legato ancora visceralmente allo Special One e alle sue gesta, riuscirà Ranieri a farsi accettare e amare da uno spogliatoio che ha bisogno di nuove grandi motivazioni per evitare che si chiuda un ciclo? Il contratto è di durata biennale, ma quest'anno son sicuro che avrò una risposta

mercoledì 27 luglio 2011

Top 11 Copa America

Top 11

Muslera: Il premio andrebbe in coabitazione con Justo Villar, autore di una splendida Coppa America ma un pò teatrale nelle parate. Dopo Lazio-Milan 1-5 di Ottobre del 2007 , che gli costò il posto ad appannaggio del"giovincello" Ballotta, sembrava essere un giocatore destinato alla damnatio memoriae. Invece si è ripreso quel posto, è migliorato esponenzilamente ed è arrivato in cima al Sud America. Giocherà al Galatasaray, ho l'impressione che per la Super Lig sia sprecato,

Maxi Pereira: Il terzino del Benfica ha dimostrato di essere un cursore eccezionale, fa le due fasi con grandissima intensità di gioco. Certo in fase di non possesso si può migliorare, ma nell'Europa che conta un giocatore così può far comodo.

Lugano: Il capitano campeon. Al San Paolo era la donna dalle belle ciglia: la vogliono tutti nessuno la piglia. Al Fenerbahce ha fatto vedere cose encomiabili. In questa Coppa America è stato un muro invalicabile. Conosco in Italia una squadra a cui tornerebbe utilie...

Vizcarrondo: L'MVP romantico della coppa America. Difensore rozzo come pochi, ma dannatamente concreto ed efficace. Segna un gol importante contro il Cile e sgomita lottando contro tutti gli attaccanti della Copa America. Ha vinto quasi sempre.

Cichero: La meteora del Lecce 2005/2006 ha dimostrato qualità importanti in un ruolo dove c'è penuria. Mette continuativamente palle in mezzo, torna costantemente a coprire e segna pure gol importanti. Si merita una seconda chance in una Top League.

Estigarribia: Esterno funambolico, assieme a Valdez uno dei pochi che nel Paraguay voleva giocare a calcio e non a Palla prigioniera. Dribbling e velocità sono caratteristiche importanti del suo bagaglio tecnico. Ha giocato anche in Ligue 1 nel Le Mans, fallendo quasi miseramente. E' comunque un giocatore giovane, avrà altre possibilità.

Diego Perez: Non so se a voi sia piaciuto, ma a me si. Vero, è stato un pò troppo irruento, vedi il fight club di Uruguay-Argentina. Ma in questa edizione ho visto pochi centrocampisti in grado di avere la stessa intensità di gioco per una partita intera.

Guarin: Conferma le belle cose che ha fatto vedere quest'anno al Porto. Fisico da guerriero con piedi ottimi e grande visione di gioco. Centrocampista moderno, mi aspetto di vedere qualche offerta

Vargas: Effettivamente ho messo due esterni mancini. Ma la Copa America del giocatore viola merita una menzione. Da capitano e da leader ha trascinato il Perù. Le caratteristiche le conosciamo, e da anni che è accostato a una grande squadra. Sarà l'ora del grande salto?

Guerrero: Promessa non mantenuta al Bayern, cazzeggiatore d'area di rigore di stirpe all'Amburgo. La vera sorpresa della Copa America. Chissà se ritroverà il feeling col gol in campionato...

Suarez: MVP-MVP-MVP e non ci sono discussioni. Nei sei mesi passati al Liverpool quest'anno ha bucato poco la porta rispetto agli standard che aveva all'Ajax. Bisognava comunque concedergli un periodo di ambientamento, in cui comunque ha fatto vedere belle cose. In Copa America ha regalato gol, assist e giocate. Un repertorio da Top Player per il Top Player della manifestazione. Pochi giocatori sono in grado di incidere come lui. E' atteso alla conferma in Premier League, ma con quei mezzi, non sfondi soltanto se decidi che non devi sfondare.

La mia coppa America 2011...Rabiosa? No, noiosa!

La prima edizione della Copa America che ho seguito fu quella del 1999, vinta dal Brasile che in panchina aveva un semisconosciuto, che poi sarebbe diventato Ronaldinho Gaucho, che segno anche un gol in un roboante 7 a 0 al Venezuela, quando la vinotinto era una sorta di Liechtenstein ispanico, calcisticamente parlando. Le edizioni del 2001, del 2004 e del 2007 avevano sempre regalato qualcosa di particolare agli appassionati di calcio. Quest'edizione disputatasi in Argentina, che partiva con grandi proclami e nomi altisonanti, mi ha coinvolto come mi coinvolgerebbe un film senza dialoghi Uzbeko coi sottotitoli in Swahili. Dal punto di vista della qualità del gioco, a parte l'Uruguay, che ha vinto con merito, non si è visto nulla di esaltante, anzi. Cominciamo la disamina dai padroni di casa delusi. L'Argentina non esprimeva un calcio esatto, era un maramaldeggiare continuo di caos dalla cintola in giù e di qualità dalla cintola in su. Batista è riuscito a fare peggio di Maradona sotto tutti i punti di vista, e secondo me si è impegnato parecchio. A cominciare dalla posizione di Messi, giocatore devastante con il suo club, ma ridotto ad essere un'amaro qualunque in nazionale. Inoltre il commissario tecnico della Seleccion non è stato in grado di ottimizzare l'abbondanza offensiva di cui disponeva, cosa che di fatto ha pregiudicato l'equilibrio già labile, di una squadra che era costruita per trionfare e che si è collassata su se stessa. Passiamo alla Bolivia. Bè notoriamente è una squadra che ha davvero poca qualità, è risaputo. Eppure la prima partita contro l'Argentina aveva lasciato un pò in tutti gli appassionati la speranza di rivedere una Bolivia stile 94-97, quella che fece fiasco al mondiale, ma che ci arrivò e anche bene, per poi giocarsi la finale di Copa America 3 anni dopo col Brasile. Poi qualcosa si è spento e Campbell e Falcao hanno fatto il resto. Adesso tocca al Brasile. Devo ammettere che io sono un grosso estimatore di Mano Menezes sin dai tempi del Gremio. In questo caso però mi tocca ammettere che ne ha combinate di tutti i colori tatticamente parlando. Voleva un Brasile giovane e spumeggiante in stile Barcellona. Ramires non mi sembra Iniesta e Lucas Leiva non mi sembra un giocatore direttamente. Inoltre insistere su Ganso che si è dimostrato un giocatore che vale 30 milioni di euro del Monopoli mi è sembrata una scelta suicida. A completare il quadro l'incapacità del reparto offensivo di segnare gol pesanti. Pato e Neymar si son mangiati l'immangiabile, Robinho si è riciclato come mediano d'attacco e l'unica punta pesante a disposizione era Fred, fate voi. Adesso tocca al Cile. Tutti si aspettavano cose mirabolanti dalla Roja di Claudio Borghi, ex pupillo di Berlusconi e campione del mondo nel 1986. Il Cile ha espresso un gioco gradevole, ma molto fumoso. Tutti si aspettavano cose mirabolanti da Sanchez, che ha disputato un buon torneo ma che non può ovviamente reggere tutta una squadra. Non me ne voglia Chupete Suazo di cui son sempre stato un estimatore, ma forse Pinilla avrebbe fatto comodo. Arriviamo ai Cafeteros. La nazionale colombiana si presentava con la selezione piu forte dai tempi del trionfo casalingo del 2001. L'undici titolare era di tutto rispetto e in panchina c'era gente come Rodallega e Zapata, che gioca in Europa ad alti livelli da anni. Il gioco era semplice, palla lunga e pedalare, difesa ermetica, esterni funambolici e palla a Falcao, una delle rivelazioni della stagione calcistica. Era andato tutto da copione. Anche col Perù doveva andare così. Una serie di circostanze combinate alle tavanate galattiche di Martinez hanno portato all'eliminazione. Non me la sento di essere colpevolista, ma nel calcio nella maggior parte dei casi la sfortuna non può essere una giustificazione. Ospitati della CONCACAF volume 1. La selezione Costaricense Under 23 era partita come squadra cuscinetto e invece si è dimostrata un'ottima squadra, che ha onorato l'impegno e che ha sfiorato la qualificazione, mostrando inoltre al mondo la probabile rising star Joel Campbell, già paragonato a Eto'o. Ha rifiutato l'Arsenal, chissà quali treni passeranno per lui. Passiamo all'Ecuador. Rueda poteva contare su gente come Valencia, Noboa e Caicedo,e sull'esperienza di alcuni senatori della nazionale. Comunque poca roba per sperare di competere per qualcosa di importante in questo torneo concluso con un punto e due regali di Julio Cesar a Caicedo. Ospitati dalla CONCACAF volume 2. La nazionale Messicana fresca di Gold Cup e di scandali narco-sessuali si presenta anch'essa con la selezione Under 23, tanto per regalare 3 partite e ammirare le bellezze dell'Argentina. Le precedenti edizioni in cui il Messico era sempre li li per giocarsi il trofeo, quest'anno sono state solo un ricordo. Passiamo all'Albiroja, il Paraguay. Gioco scadente, sterilità offensiva, centrocampo abulico, difesa da registrare(Alcaraz è il titolare, fate voi) e una discreta propensione alle risse. Risultato finale secondo posto. Sintomatico di una qualità del torneo sicuramente inferiore rispetto alle aspettative e alle precedenti edizioni. Uniche note positive Haedo Valdez, che ha sopperito ai suoi limiti tecnici con la tenacia dei campioni e il funambolo Estigarribia. Ora il Perù. A inizio torneo hanno perso Farfan e Pizarro, rischiando di perdere anche Vargas. Io li avevo dati per fritti. Mi hanno smentito, mettendo in campo tanta grinta e giocando un calcio intelligente, adattato all'avversario. L'Uruguay era troppo forte ma questo terzo posto con un ritrovato Guerrero(il cugino "scemo" di Santa Cruz al Bayern) è un risultato di tutto rispetto, che merita un plauso. Passiamo ai miei preferiti, il Venezuela, la vinotinto, quelli che erano più sfigati del Liechtenstein fino a qualche tempo fa. Rispetto a quegli anni hanno giocatori più talentuosi, vedi Rondon e Arango. Sono arrivati in semifinale giocando un calcio vintage, con il 4-4-2 classico e tanto lavoro operaio. E' un risultato storico, speravo che vincessero ma il calcio non è un cartone animato. Comunque anche loro meritano tanti applausi. Dulcis in fundo i campioni, l'Uruguay. Tanti addetti ai lavori e giocatori di vario genere ricordavano che oltre al Brasile e all'Argentina c'era la Celeste, che tanto bene aveva fatto ai Mondiali. L'Uruguay era una grandissima orchestra di giocatori di talento, diretta da quella vecchia volpe di Tabarez, allenatore che in Italia non ha saputo farsi apprezzare, ma che sicuramente di calcio ne capisce. La vittoria è il giusto premio a un lavoro svolto negli anni. I giocatori Uruguaiani, un tempo simpatici macellai come Montero o geni discontinui del pallone come Recoba, adesso militano quasi tutti in Europa da titolari, con risultati sommariamente soddisfacenti. In un periodo di ricostruzione per la Selecao e la Seleccion, chissà che per la Celeste non ci sia un'ulteriore Place of Honour ai Mondiali del 2014. Abbiamo assistito alla consacrazione definitiva di Luis Alberto Suarez, giocatore straordinario, maturato esponenzialmente. Abbiamo potuto apprezzare la grinta di Perez e Arevalo Rios, la corsa ossessionante sugli esterni di Alvaro Pereira e del suo quasi omonimo Maxi Pereira e abbiamo visto in difesa giganteggiare Lugano, capitano coraggioso del vapore, assieme a Coates, partito come riserva di Godin...ne sentiremo parlare in futuro. La Copa America si è conclusa 3 giorni fa, tra un pò posterò la mia top e flop 11. La menzione finale spetta a Shakira, autrice del brano Rabiosa, in cui nel video regala una lap dance d'altri tempi. Il motivetto è riecheggiato in tutto il mondo, un pò come Waka Waka l'anno scorso. Però questa Copa America più che rabiosa come Shakira è stata noiosa!

martedì 18 gennaio 2011

Sevenited!-Seconda puntata

Il numero 7 di oggi è sicuramente il meno illustre e anche il meno talentuoso dei numero 7, ma non significa che sia stato meno importante, anzi. Sicuramente è stato il più duraturo. Bryan Robson era un giocatore duttilissimo, capace di giocare sia sulla fascia, che al centro del campo, sempre con un'ottimo rendimento. Inoltre si faceva sentire in fase difensiva, grazie alla sua grande tenuta atletica. Cominciò la sua carriera con il WBA giocando con i "Baggies" per sette stagioni, mettendosi in evidenza per le sue qualità e per la sua duttilità. Conteso dallo United e dal Liverpool, Robson optò per i Red Devils, seguendo il suo compagno Remi Moses. Nelle 13 stagioni Robson ha collezionato 345 presenze condite da 74 gol, vincendo due volte la Premiership,e tre volte la FA Cup, più una Coppa delle Coppe e una Supercoppa Europea. Idolo incontrastato dell'Old Trafford per 13 anni Robson è stato inoltre una colonna portante della nazionale inglese, di cui è stato capitano per nove anni e  con cui ha giocato tre Mondiali(82, 86 e 90) e un Europeo(88), senza però vincere niente di importante. Concluse la sua carriera nel Middlesbrough come player-manager. Se come giocatore è stato straordinario, come allenatore gli è andata meno bene. Dopo aver allenato per 7 anni con alterne fortune proprio il Middlesbrough, ha allenato il Bradford City conducendolo a una retrocessione, in Second Division. Tornato al West Bronwich in Premier League, ha condotto i Baggies a una salvezza sofferta al primo anno, per poi retrocedere l'anno successivo. Un altro fallimento allo Sheffield United e poi la nazionale Thailandese, non certo un armata, che allena da quasi due anni. Non saprei se definirla una fine ingloriosa, ma sta di fatto che un giocatore come Bryan Robson resta irripetibile nel suo genere.

Cosa serve al...Brescia

Il Brescia, partito con l'ambizione di salvarsi tranquillamente, si trova in questo momento al penultimo posto in classifica, al termine di un girone di andata dove sono emerse tante problematiche tattiche. L'arrivo di Beretta al posto di Iachini, ha dato alla squadra un'identità nuova, ma il mercato di Gennaio può essere una buona occasione per sistemare i difetti della squadra.


1) La difesa

Il Brescia ha evidenti problemi in difesa, e non tanto per il numero dei gol subiti, quanto per la pesantezza dei gol subiti. I vari Mareco, Bega , Zoboli e Zambelli sembrano aver pagato l'assenza pluriennale dalla categoria .

2) L'assenza di un vero incontrista

Il centrocampo del Brescia ad essere onesti è un buon centrocampo, con dei giovani di qualità e di belle speranze come Konè, Hetemaj e Vass, che hanno dimostrato di essere all'altezza della categoria. Manca però un distruttore di gioco, un'incontrista di vecchia scuola, che si dedichi totalmente alla fase di interdizione, con qualche attenzione particolare alle tibie avversarie. A dirla tutta in quel ruolo ci sarebbero Baiocco e Filippini, che però hanno l'età dei datteri...

Un ultima considerazione riguarda l'attacco. Un reparto da lasciare così com'è. Non va ceduto assolutamente Caracciolo, che fino ad ora ha avuto un'ottimo rendimento ed è ormai un riferimento storico per le rondinelle. Stesso discorso per Diamanti, un giocatore di qualità superiore che deve trovare continuità. Bisogna inoltre attendere(e sperare) nell'esplosione di Edèr. Il brasiliano, reduce da una stagione top con l'Empoli in B, è stato strappato con i denti alla concorrenza, ma fino ad ora ha deluso le aspettative. Se riuscisse a ingranare però la musica potrebbe cambiare. Inoltre l'arrivo di Lanzafame aggiunge ulteriore qualità a un reparto che può garantire l'obiettivo salvezza.

venerdì 14 gennaio 2011

Amarcord: GP di Indianapolis 2005

Se a un tifoso Ferrari gli chiedi: che ricordo hai del 2005 ti rispoonderebbe triste se è educato, altrimenti ti manda a fanculo. Le Ferrari che avevano devastato il circus per cinque anni, vincendo campionato piloti con Kaiser Schumacher, il costruttori e anche le briscole in 5 nei vari paddock, quell'anno fecero veramente schifo. Fu il giovane Alonso a vincere il mondiale, dominando la stagione. La rossa non vinse nemmeno una gara, anzi no, una in realtà c'è. Gp degli Usa, si corre nel circuito di Indianapolis, lo stesso della 500 miglia, ovviamente con delle modifiche rispetto al classico ovale. Come al solito le Ferrari. gommate Bridgestone, stentano, a fare la Pole è Jarno Trulli su Toyota. Il suo compagno di squadra, Ralf Schumacher, fratello di Michael(penso che lo sapeste già) il giorno prima va a schiantarsi violentemente contro il muro del curvone che precede il rettilineo, l'impatto è violentissimo, la macchina si ferma addirittura davanti al muretto dei box, il pilota esce da solo, ma sembra un pò "acciaccato" e ci credo. Tra la FIA e la Michelin scatta una diatriba. La casa francese non è sicura dell'affidabilità delle gomme in questo tracciato e decide di non schierare vetture in gara. Ecclestone, Mosley e la Michelin provano a conciliare e tutto sembra rientrare. La domenica tutte le 20 monoposto sono schierate, parte il giro di ricognizione e all'uscita della curva 13, quella dell'incidente, le macchine Michelin rientrano ai box. Non correranno il Gran Premio, motivi di sicurezza. Piccolo dettaglio: la Michelin "gommava" sette team. Al via restano i 3 team sfigati con le Bridgestone: Ferrari, Jordan e Minardi. Schumacher e Barrichello partono in prima fila, le due Jordan di Monteiro e Kartikheyan in seconda e in terza fila le due Minardi. La Michelin comunica che risarcirà il biglietto agli spettatori e il Gran Premio partì. Alla fine vinse Schumacher, che non ebbe grossi patemi d'animo, a parte un tentativo di sorpasso di Barrichello, che alla Ferrari mi ricordava tanto Fantozzi con il direttore Catellani., che si concluse con un fuori pista. Al terzo posto arrivò Tiago Monteiro che ottenne il suo primo, e ovviamente ultimo, podio in carriera. Quarto arrivò l'indiano Kartihkeyan e dulcis in fundo le Minardi di Albers e Friesacher, che più che due piloti sembrano una fabbrica teutonica di confezionamento di alimenti, che conquistarono punti iridati. Sul podio Schumacher e Barrichello si guardarono, si portarono lo Champagne e se ne andarono mortificati. Monteiro restò solo e vedendo che non aveva più nessuno a cui scaricare lo champagne, lo riversò ai suoi meccanici. Qualche anno dopo una pubblicità famosissima recitava:"Ti piace vincere facile?" con tanto di musichetta allegra e festante. Mi sa che alla Ferrari non gli sia piaciuto tantissimo...

Ha-ha: le più grosse disfatte sportive della storia

Il 2010 è stato l'anno dell'Inter, della mia Inter, nell'unico anno in cui nessuno aveva parlato di anno dell'Inter. I neroazzurri hanno dominato il proscenio calcistico, vincendo tutto, Supercoppa Europea a parte. Nel 2006 l'Inter si giocava l'approdo alle semifinali di Champions League contro il Villarreal, il "submarino amarillo", una squadra spagnola, fino ad allora mai in lizza nemmeno per il torneo circoscrizionale di briscola, che nel suo palmarès annoverava solamente due coppe Intertoto. All'andata disputata a San Siro l'Inter vinse per 2-1 con gol di Adriano e Recoba, ma fu il Villarreal a passare in vantaggio con Forlan. Nella partita di ritorno del Madrigal, all'Inter per passare bastava un qualunque pareggio o una sconfitta con gol di scarto dall'uno a zero in poi. Quel Villarreal aveva tre giocatori di valore, Senna, Riquelme e quel Dieguito Forlan che 4 anni dopo divenne il miglior giocatore di Sudafrica 2010, e dei comprimari di esperienza. Poca roba in confronto all'Inter di Adriano, Martins, Stankovic, Veron e non voglio continuare. La partita è intensa, ma  i due attacchi non combinano niente di buono. Nel secondo tempo il Villarreal crea qualche occasione, ma si tratta di palle gol velleitarie. Chi ha visto quella partita poteva notare la presenza di gente strana, tipo l'ex bidone del Milan Josè Mari, Sorin, che ad oggi guardò con un pò di invidia e chi mi conosce sa il perchè, il boliviano Pena e soprattutto il terzino sinistro:  Arruabarrena. Uno con un nome così a primo impatto ricorda un ballo latino americano in stile villaggio vacanze, tipo el Tiburon, il tipitipitero, la macarena e via dicendo. Al cinquantottesimo Riquelme scodella su punizione la palla in area. Materazzi applica i principi della zona di Oronzo Canà, nemmeno Cavallo e Meroni potevano fare peggio. Arruabarrena da solo segna di testa, beffando Toldo. 1-0. Gli spagnoli rinnovati da antico fulgore mantengono il risultato, mentre i neroazzurri afferravano augelli nell'aere. Se l'Inter avesse passato il turno, avrebbe incontrato l'Arsenal, che tra quelle rimaste era la più "abbordabile". Il Villarreal ovviamente non arrivò in finale, ma si consacrò come realtà emergente del calcio europeo. Il giorno dopo sono stato preso per il culo da mezzo mondo, e tutt'ora quando scattano i balli di gruppo latino-americani, mi sovvengono brutti ricordi...


Il tabellino

VILLARREAL-INTER 1-0

Marcatori: 58' Arrubarrena.

VILLARREAL: 13 Viera; 17 Venta, 22 Pena, 16 Q. Alvarez, 3 Arrubarrena; 12 Sorin (32' 99 Franco), 18 Tacchinardi, 19 Senna; 8 Riquelme; 5 Forlan 45' s.t. 11 Calleja), 23 José Mari (32' 6 Josico).
A disposizione: 25 Barbosa, 4 Cesar Arzo,10 Garcia, 21 Carzola.
All. Manul Pellegrini.


INTER: 1 Toldo; 2 Cordoba, 23 Materazzi, 25 Samuel, 4 J. Zanetti ; 7 Figo (30' s.t. 11 Mihajlovic), 14 Veron (40' s.t. 9 Cruz), 19 Cambiasso, 5 Stankovic; 10 Adriano, 20 Recoba (dal 11' s.t. 30 Martins).
A disposizione: 12 Julio Cesar, 3 Burdisso, 8 Pizarro, 18 Kily Gonzalez.
All. Roberto Mancini.

giovedì 13 gennaio 2011

Golden Boys-I migliori Under 23 a cura di Stefan Di Fede

Gareth Bale, nasce a Cardiff (Galles) il 16 luglio 1989.
Miltia attualmente nel Tottenham Hotspurs, con cui ha collezionato 67 presenze e 12 gol dal 2007 ad oggi.
Nonostante la giovanissima età, vanta già uno straordinario bottino anche con la nazionale gallese (22 presenze-2 gol)
Sigla il suo primo contratto da professionista non ancora sedicenne, con il Southampton, con cui esordisce in Championship solamente un anno dopo (all'età di 16
e 235 giorni, divenendo così il secondo giocatore più giovane ad aver indossato la maglia del club)
Nel 2007 approda in Premier, nei londinesi del Tottenham: l'esordio sarà, nientemeno che, contro i Red Evils di Sir Alex Ferguson e del suo connazionale Ryan Giggs.
Mentre la prima rete ufficiale, non tarderà ad arrivare: sigla un'importante realizzazione nel pareggio per 3-3 degli Spurs contro il Fulham.

Caratteristiche:
Bale è principalmente un terzino di fascia sinistra, ma spesso è utilizzato da Harry Redknapp come centrocampista o ala, sempre sul versante mancino.
Gode di una straordinaria potenza fisica che è in grado di coordinare a grande corsa e invidiabile capacità di calcio.
Tutte doti che lo rendono, nonostante l'età, uno dei pezzi più pregiati della Premier.
Difetti:
Difficile trovarne in un giocatore così. Ma se vogliamo essere anche un pò pignoli: trattandosi di un giocatore dedito per lo più alla fase offensiva, è logica
conseguenza di ciò il fatto che pecchi, a volte, in fase difensiva, lasciando troppo scoperta la sua zona di competenza.
Harry Redknapp ovvia a questo difetto (comunque migliorabile con il tempo e con l'esperienza) spostando Bale più in avanti sulla linea dei centrocampisti,
mettendo alle sue spalle un terzino (ad esempio Assou Ekotto)

Una Notte da Ricordare:
Il 20 Ottobre 2010, Bale, realizza forse la miglior prestazione, fin qui, della sua breve carriera: il Tottenham affronta i Campioni d'Europa in carica e la partita non si mette bene per gli Spurs che vanno sotto 3-0 già nel primo quarto d'ora. A quindici minuti dalla fine, col risultato sul 4-0 che suona tanto di
clamorosa bocciatura per la squadra d'oltremanica, Bale si scatena e segna a raffica una velocissima tripletta con tre rasoiate dalla sinistra (perfetta sintesi
delle sue straordinarie doti) che fanno dei nerazzurri la sua preda preferita insieme ai rivali dell'Arsenal e che riportano il risultato della gara su un più
accettabile 4-3.

Il mercato:
Già notato e seguito da molti club europei, Gareth Bale diventa,dopo quella notte, oggetto di desiderio di tutti i club più prestigiosi del vecchio continente:
Mourinho deliziato dal gallese, farebbe follie per averlo tra le sue fila; così come Pep Guardiola al Barcellona, ma anche Manchester United, Chelsea, Inter, Milan e
Juventus hanno un pensiero fisso per il "ragazzino" che fa impazzire White Hart Lane.
Per assicurarsi le sue prestazioni sarà necessario versare nelle casse dei londinesi una cifra sicuramente non inferiore a 17 milioni di sterline (20.000.000 €),
ma possiamo scommetterci che per lui, qualora gli Spurs decidano di privarsene, si scatenerebbe un'asta fra tutti i club citati e non solo (anche Mancini grazie al potere dei petrol-dollari dello sceicco Mansour, potrebbe cercare di aggiungere il numero 3 gallese tra i già tanti campioni a disposizione del Manchester
City)
Qualche numero di Gareth Bale:
-Altezza: 183 cm
-Peso: 74Kg
-Numero di maglia:             3 
-Scadenza contratto:           30-06-2014
-Valore di mercato:            17.600.000 £ (20.000.000 €)
-Esordio da professionista:    17-04-2006 (SOUTHAMPTON-Millwall)
-Esordio in Premier League:    26-08-2007 (Manchester United-TOTTENHAM HOTSPURS)

-Esordio nazionale Gallese:    07-10-2006 (Slovacchia-GALLES)
-Prima rete in Premier League: 01-09-2007 (Fulham-TOTTENHAM HOTSPURS 3-3)
-Prima rete in nazionale:      07-10-2006 (Slovacchia-GALLES 5-1)
-Palmarès:                     1 coppa di Lega inglese con il Tottenham Hotspurs (2007-08)
In questa stagione:
-32 presenze:         di cui 6 in Champions League, 3 validi per le qualificazioni a Euro 2012, 21 in Premier League, 2 nei preliminari di Uefa Champions League.
-12 gol:              di cui 4 in Champions League, 1 nelle qualificazzioni a Euro 2012, 7 in Premier League.
-11 assist:           di cui 4 in Champions League, 2 in Premier League, 5 nei preliminari di Uefa Champions League
-2 cartellini gialli: di cui 1 in nelle qualificazioni a Euro 2012, 1 in Premier League
-2831 minuti giocati (con 1 gol ogni 236 minuti)
Commento:
21 anni ma già un giocatore di livello mondiale, rende benissimo sia da terzino che da centrocampista di fascia
(ruolo in cui sono maggiormente apprezzabile le sue grandi doti, per il suo apporto alla fase offensiva).
Un giocatore in grado di trovare la porta con continuità anche quando parte più arretrato, salta l'uomo con una facilità sbalorditiva e serve assist deliziosi ai suoi
compagni.
Insomma, qualità e quantità in un unico giocatore che, oltretutto, ha ancora tutta una carriera davanti.
Sul suo futuro, da buon juventino, sarebbe un piacere vederlo scorazzare sulla sinistra indossando la maglia bianconera, ma le ridotte potenzialità economiche
della squadra torinese, mi portano più a pensare ad un suo futuro sulle note di "Blue is the colour" allo Stamford Bridge. 
Conclusione
E' una promessa di primissimo livello. Ma i numeri parlano chiaro, il generale miglioramento delle sue statistiche fra la stagione 09-10 e la prima parte della
stagione in corso dimostrano che possiamo già iniziare a parlare non più "solo" di una "promessa futura" ma di un talento indiscutibile in piena esplosione.

Cosa serve al...Bologna!

In barba alle previsioni che la davano come una delle candidate per la retrocessione, il Bologna ha dimostrato di essere squadra solida e compatta, nonostante il clima di incertezza regnante durante la breve era Porcedda. Il rischio di fallimento è stato scongiurato dal'accoppiata Zanetti-Consorte, che ha garantito alla società un futuro più roseo. Il Bologna comunque presenta piccole imperfezioni, che si possono tranquillamente correggere a Gennaio per facilitare ancora di più il cammino verso una tranquilla permanenza nella massima serie.

1) L'attacco

Per quanto Malesani sia un cultore del gioco sugli esterni modello olandese, la presenza di due sole punte centrali, per quanto una di queste sia Di Vaio, non è sufficiente per affrontare altre 19 partite. Se aggiungiamo che l'altra punta(Meggiorini) probabilmente è pronto ad andare, allora la situazione si complica.

2) Il regista

Tanti buoni giocatori a centrocampo, alcuni anche dotati di buona tecnica, ma spicca l'assenza di un'organizzatore di gioco in grado di semplificare le trame di squadra.

NBA-L'ultimo volo della fenice?

L'anno scorso i Phoenix Suns si son giocati l'approdo alle Finals in una serie combattutissima coi Lakers, una serie di un'intensità straordinaria che è finita a gara 6 per cause di forza maggiore (Artest e Kobe, mica bruscolini). Il mercato dei free-agent ha sancito l'addio di Amar'e Stoudemire passato ai Knicks con un megacontratto. La franchigia dell'Arizona a quel punto opta per l'ingaggio di Hedo Turkoglu, reduce da una stagione non proprio esaltante coi Toronto Raptors, a cui viene dato in cambio Barbosa. Al turco si aggiungeranno anche Warrick e Childress. Per il resto si punta su uno dei migliori backcourt della lega cioè Steve Nash (e non ci sono aggettivi) e Jason Richardson, che in Arizona sembra aver trovato la costanza che gli era mancata in passato. Inoltre ci si attendeva la definitia esplosione di Robin Lopez e Channing Frye. L'inizio di stagione non è esaltante ma non è nemmeno terribile. A dicembre, probabilmente per liberare spazio in futuro nel tetto ingaggi, i Suns cedono Richardson e il figliol prodigo Turkoglu (che comunque non si è mai espresso ai grandissimi livelli che lo avevano caratterizzato) a Orlando che in cambio recapita Gortat Pietrus e Vince Carter in Arizona. Lo score dei risultati parla chiaro, dal 18 dicembre due partite vinte e otto perse e passi perdere con Miami, Los Angeles e compagnia bella, ma sconfitte contro i Kings e i Clippers sono oltre che tristi anche sintomatiche di qualcosa. Manca un vero dominante, dopo l'addio di Stoudemire, Nash e Hill sono indiscutibili ma hanno la loro età e Carter è sempre meno "Vincredible" e più shoot and pray (tira e prega che magari entra). Allo stato attuale sono fuori dalla corsa play-off. Certo la stagione è lunga e il tempo di rimediare c'è, anche perchè nell'Nba può succedere di tutto. La sensazione però è che questi Phoenix sono arrivati all'ultimo volo, alla fine di un era. Ma si sa sempre di fenici stiamo parlando...

mercoledì 12 gennaio 2011

Cosa serve al... Bari

Passare da essere una delle squadre migliori per gioco espresso e per rendimento ad essere l'ultima staccata in classifica nel giro di un anno è qualcosa di difficile da capire. Nel caso del Bari sembrano esserci delle ragioni ben precise.

1) La difesa

I galletti, dopo gli addii di Ranocchia e Bonucci non hanno trovato dei sostituiti all'altezza. I vari Belmonte, Rinaldi e Marco Rossi non son sembrati all'altezza del compito, avendo offerto un rendimento mai costante e molto basso. L'arrivo del polacco Glik dal Palermo non sembra comunque sufficiente a sistemare un reparto che fa acqua anche nelle corsie esterne dove Ventura le ha provate tutte e non ne ha trovata nessuna.

2) Gli infortuni

Il Bari quest'anno è stato falcidiato dagli infortuni dei suoi uomini chiave. La mancanza costante di gente come Donati, Almiron e Barreto, che costituisce l'ossatura forte della squadra, si è sentita soprattutto in occasione dei match salvezza, dove si son conquistati troppi pochi punti.


Gli acquisti di Gennaio

Glik e Okaka sembrano essersi inseriti molto bene nel progetto Bari, sfoderando una prestazione monstre nel loro debutto in una partita non facile(Bari-Lecce). Per raggiungere la salvezza però son necessari ulteriori rinforzi di categoria, allungare la rosa per evitare problemi in caso di ricadute. Ritengo che siano utili alla causa un'altro centrale, un mediano di qualità( e qui non si capisce la cessione di Allegretti che come vice Almiron era perfetto) e almeno un terzino.

Amarcord: Giovanni Trapattoni Commissario Tecnico col....malocchio!

Giovanni Trapattoni è stato probabilmente il più grande allenatore di club di sempre. Prima di Guardiola, di Mourinho, di Ancelotti, di Capello e di tanti altri. Ha vinto tutte le competizioni Uefa comprese le supercoppe ed ha trionfato in quattro campionati diversi (Italia, Germania, Portogallo e Austria). Nel 2000 il Trap viene scelto al posto di Zoff, dimessosi dopo la finale persa ad Euro 2000 contro la Francia per le critiche di Berlusconi che lo accusò di essere un catenacciaro. Obiettivo arrivare in fondo ai mondiali di Giappone e Corea, i primi mondiali Asiatici della storia. L'Italia vince bene il girone di qualificazione, con sei partite vinte e due pareggiate, senza mai perdere. Il gruppo G prevede oltre l'Italia l'Ecuador, la Croazia e il Messico. La prima partita Bobo Vieri timbra due volte il cartellino e l'Ecuador viene liquidato. C'è la seria possibilita di conquistare il passaggio del turno contro la Croazia, nel secondo match. Vieri porta in vantaggio l'Italia. Sembra fatta, in realtà succede il delirio: Olic prima e poi (con un gol splendido) Rapaic portano in vantaggio la Croazia. Nel contempo due reti regolarissime annullate a Vieri e Materazzi e un palo di Totti. La qualificazione non è comunque compromessa: bisogna battere il Messico, con un piede negli ottavi che può anche perdere. La partita si mette male. Segna Borgetti e la Croazia pareggia. I fantasmi dell'eliminazione aleggiano,  anche quando Mendez dell'Ecuador segna e porta in vantaggio gli ecuadoregni. Successivamente Del Piero pareggerà la partita, regalando il pass per gli ottavi al Trap. Prossimi avversari i padroni di casa della Corea del Sud, una squadra complessivamente abbordabile. Manco a dirlo Bobo Vieri porta in vantaggio l'Italia, dopo che Buffon ha parato un rigore al perugino(a quei tempi lo era) Ahn. Ed è lì che entrò in scena il 12esimo uomo, colui che ha rivitalizzato il fulgore coreano. Il pubblico? No Byron Moreno, un tozzo ecuadoregno designato ad arbitrare la partita. I coreani si buttano nella mischia favoriti dall'arbitro e trovano il pareggio con Seol Ki-Hyeon (una pippaccia che manco in serie B inglese se lo sono tenuti) che approfitta di un sospetto ictus di Panucci. Tempi supplementari, riprende il Moreno show, gol annullato a Tommasi, in posizione nettamente regolare, contatti da kung fu lasciati al caso ed espulsione di Totti per un inesistente simulazione in area. Trapattoni le prova tutte, fa scaldare Montella, mette Di Livio, prende a calci bottigliette e sparge acquesantiere. Al 117esimo Ahn trova il gol e l'Italia torna a casa con le pive nel sacco. Trapattoni, che di colpe (non convocare Baggio per Doni a parte) ne aveva poche, viene confermato C.T. per Euro 2004. Passato il girone di qualificazione con qualche patema d'animo come la disfatta di Cardiff, si qualifica per la kermesse Portoghese. Nel girone Danimarca, Svezia e Bulgaria. Meglio di così si muore. Appunto si muore. Infatti dopo un ignobile pareggio con la Danimarca in cui Totti, l'uomo della nazionale, rinfresca Poulsen (nomen omen) con uno sputo, l'Italia si fa recuperare in extremis dalla Svezia, con un tacco di Ibrahimovic all'ultimo minuto. Per passare il turno ci vogliono due cose: vincere e sperare. Danimarca e Svezia infatti si trovano a 4 punti e per passare il turno possono tranquillamente pareggiare con un risultato dal 2-2 in su. L'odore di biscotto della nonna aleggia sotto le narici Italiane, Trapattoni aveva detto che confidava nel fair play scandinavo e come dargli torto, non si può uscire da due competizioni intercontinentali per una combine. 22 giugno 2004 l'Italia vince soffrendo contro la Bulgaria. Come finisce Svezia Danimarca? Ovviamente 2-2 in uno dei biscotti fatti peggio della storia del calcio, ancora peggio di Germania Austria 1-0 nell'82. Trap lascia la nazionale a Lippi, successivamente vincitore nel 2006 e farloccone nel 2010. 2010 dice qualcosa? Si i mondiali in SudAfrica appunto. Trap che nel frattempo ha vinto con Benfica e Salisburgo i titoli nazionali ci riprova, stavolta con l'Irlanda, portandosi Tardelli come secondo. L'Eire viene inserito nello stesso gruppo dell'Italia giocandosi fino all'ultimo la qualificazione. Memorabile la penultima partita contro gli azzurri, in cui l'Irlanda in vantaggio per 2-1 al novantesimo viene raggiunta da un gol di Gilardino, che la condanna agli spareggi. L'Irlanda viene inserita nell'urna 1 evitando Portogallo, Grecia e Russia. Le squadre che avrebbe potuto incontrare erano Bosnia, Ucraina, Slovenia e Francia e ovviamente incontrarono la Francia. All'andata la squadra di Domenech sconfisse i verdi irlandesi a Dublino con un gol di Anelka. Ci si gioca il tutto per tutto a Parigi e l'uomo simbolo dell'Eire Robbie Keane manda in estasi il Trap: 1 a 0 e Francia costretta ai supplementari. I bleus vengono annichiliti dall'Irlanda, ma al 103esimo succede qualcosa di magico. Henry imbeccato in area appoggia in mezzo per Gallas che segna. Gia subire gol da Gallas è emotivamente duro, se l'assist era poi di mano allora diventa ancora più brutta. Il Trap sconfitto ancora da qualcosa di irregolare si appella al buonsenso francese, chiedendo la ripetizone del match. Ovviamente non si giocò nessuna partita e anche questa volta il povero Trap C.T. di nazionale se ne torna con le pive nel sacco. Per ben tre volte il Trap è stato estromesso dalle competizioni FIFA per irregolarità altrui, senza avere mai grosse responsabilità tattiche. Povero Giuan, mi sa che l'acquasantiera non basta...

Sevenited!-Prima puntata

Se c'è un numero particolarmente iconografico e rappresentativo nel calcio, quello è il  10. C'è una squadra però che ha legato le sue storie più belle e i suoi campioni migliori a un altro numero di maglia: il 7. Stiamo parlando del Manchester United, la formazione più blasonata d'Inghilterra, alla pari con un Liverpool ormai sempre meno magnificiente. Il numero 7 è stata la casacca che ha accompagnato i più grandi giocatori in senso lato del Manchester United. Da chi incominciare? George Best. Se non il più rappresentativo sicuramente il più talentuoso a disposizione di Matt Busby e che non me ne vogliano Bobby Charlton o Denis Law. Nato a Belfast nel 1946, Best ha rappresentato una vera e propria rivoluzione, in assoluta tendenza con il periodo storico, dove un mondo, quello occidentale, incominciava a prendere la forma che oggi possiamo ammirare(o disprezzare, dipende dai punti di vista). A 17 anni debuttò nello United in una partita di Fa Cup contro il West Bronwich Albion. La partità fini 1 a 0 . Quella partita rappresentò, l'inizio di una carriera, intensa ma troppo fulminea. Best era un'ala destra, di spiccate doti offensive, letale sia in orizzontale che in verticale, con un repertorio totale. Usava tutti e due i piedi, sapeva impostare il gioco e puntava l'area come pochi al mondo, le sue finte e i suoi dribbling hanno fatto impazzire tutti i malcapitati difensori d'Albione e d'Europa. Raggiunse l'apice nel 1968 quando divenne campione d'Europa con il Manchester United sconfiggendo il Benfica di un certo Eusebio. Quell'anno fu anche premiato con il Pallone d'Oro. A 22 anni "Il quinto Beatle" era arrivato in cima alla vetta. Una vetta da cui cadde repentinamente. Il giovane Best, inizia la sua parabola discendente, incominciando ad entrare in intimità con donne, ma soprattutto con l'alcool, la sua vera rovina. Le prestazioni di Best calano, lui non sembra essere più interessato a giocare. A 28 anni, in una stagione culminata con la retrocessione(strano ma vero) dello United in Second Division, Best termina la sua carriera ad alti livelli e inizia un pellegrinaggio che lo porterà prima nei bassifondi inglesi( Stockport County, il Fulham dell'epoca), negli States, nella natia Irlanda del Nord e addirittura in Australia senza però riprendersi mai. La gloria lo abbandona, rimpiazzata da alcool e mignotte di vario genere e George Best lentamente si autodistrugge fino al 2005 anno della morte. Ultimo suo appello ai giovani: "Non morite come me". Probabilmente ignorava che il mito di George Best non morirà mai.

Benvenuti!

Ho deciso di aprire questo blog perchè sentivo l'esigenza di condividere le mie opinioni in materia di sport. Il mio obiettivo è quello di rendere questo spazio uno spazio d'opinioni che si incontrano e si scontrano, perchè si sa, la verità assoluta non esiste, figuriamoci in ambito sportivo. Collaboro con il quotidiano online Palermo Cronaca occupandomi di sport, occupandomi perlopiù di cronaca sportiva locale. Seguo diversi sport, di cui parlerò non solo in maniera opinionistica. Tirerò fuori storie di campioni e di bidoni, ripercorrerò eventi sportivi e mi proporrò di fornire nuovi spunti e nuovi argomenti su cui conversare. Non so se avrò fortuna, se riuscirò a lanciare questa mia iniziativa, io comunque darò il massimo con la speranza di non annoiare mai i lettori.